Sette meditazioni per risvegliare l’energia dei chakra
La ricerca di Paolo Hermanin potrebbe essere sintetizzata con una frase di Victor Hugo: «Niente cambia forma come le rocce, se non le nuvole», tratta da Les travailleurs de la mer. Questo paradosso costituisce infatti un aspetto fondamentale della realtà: la sua dualità, l’essere costituita fondamentalmente dalla coincidentia oppositorum di spirito e materia, luce e ombra, pesantezza e leggerezza, istinto e coscienza.
Le rocce e le nuvole sono una metafora di questa dualità. Ogni opera è frutto di una meditazione sulle caratteristiche precipue di un particolare chakra: lo spettatore, davanti a ognuna, ne percepisce le qualità intrinseche, entrando in risonanza con esso. Le sette opere vengono quindi a costituire un percorso di elevazione.
Il percorso proposto dall’artista si avvale di simboli nel contempo semplici e complessi: semplici in quanto facilmente comprensibili da tutti, complessi in quanto rimandano a ulteriori livelli di significato. I simboli utilizzati dall’artista divengono una sorta di mediatori tra conscio e inconscio, tra razionalità ed emozione. Nelle varie mitologie occidentali e orientali sono presenti miti ed eroi legati ai quattro elementi: terra (accoglienza, concretezza), acqua (purificazione, fluidità), fuoco (espansione, distruzione), aria (leggerezza, vitalità). L’artista ha usato i quattro elementi naturali come simbologia utile a risvegliare i livelli di consapevolezza, associandoli ai vari chakra.
La prima opera corrisponde al chakra Muladhara, che in sanscrito vuol dire “radice, sostegno”; esso è associato all’elemento terra ed è il fondamento della sopravvivenza. La massiccia presenza della roccia lo identifica come il più legato al mondo materiale: se da una parte dà riparo, accoglie e protegge, dall’altra impedisce alla luce della coscienza di arrivare. Le nuvole (lo spirito) sono lontane, altissime; siamo al massimo della pesantezza.
La seconda immagine corrisponde al chakra Svadhishthana, “dolcezza”, connesso con la creatività, la procreazione, la sessualità, l’elemento acqua, la fiducia in se stessi e il benessere. Siamo ancora a un livello istintuale, e la presenza della roccia- ombra è ancora evidente, ma comincia a filtrare la luce verso la quale la materia si muove.
La terza immagine, Manipura, “gemma rilucente”, corrisponde al chakra della volontà e del potere, all’elemento fuoco, all’emozione intensa, alla gioia, alla rabbia, all’allegria. È la sede dell’ego, l’io costruito e condizionato, ma anche il trampolino verso lo spirito. La materia-roccia si innalza faticosamente verso lo spiritonuvole; la concretezza della materia dà forza all’azione, ma lo spirito viene tenuto distante dall’orgoglio della materia, che si perde nella contemplazione di sé stessa.
Il quarto specchio, Anahata, “non colpito, distaccato”, è il luogo di passaggio, la porta, tra la materia e lo spirito. È il luogo di confine da cui si accede alla coscienza. La nuvola (spirito) passa oltre la costa rocciosa (i condizionamenti della vita materiale). Corrisponde al chakra del cuore, che sottolinea l’importanza di amare e di essere amati, e corrisponde all’elemento aria. Si passa quindi al gradino successivo, Vishuddha, “purificazione”, che è il centro dell’espressività, che porta alla capacità di comunicare in maniera chiara e trasparente. Il fluire delle parole permette alle persone di esprimere la propria essenza e le emozioni, di manifestare i propri valori e la propria spiritualità. Lo spirito, esprimendosi nella parola, dà forma alla materia. Le rocce sono meno pesanti, e si aggregano come le nuvole, ne sono un rispecchiamento.
Ajna, che in sanscrito vuol dire “conoscere”, corrisponde al chakra raffigurato nella sesta opera. È associato alla visione sottile, alla consapevolezza di sé, alle percezioni extrasensoriali, all’intuizione. È il luogo del raggiungimento dell’unità con il tutto, è la soglia della conoscenza eterna. Le nuvole dello spirito predominano nell’immagine, la luce domina l’ombra e la roccia di illumina. Si giunge, quindi, all’ultima opera, Sahasrara, “mille petali”, che esprime la saggezza universale, la capacità di espandere il contatto con tutte le forze e le energie presenti nell’Universo. Siamo nel luogo dell’unità e della beatitudine. L’individuo è cosmo e viceversa. Non esiste ombra, tutto è luce. Spirito e materia, luce e ombra, rocce e nuvole sono diventate un’unità inscindibile. Abbiamo raggiunto l’illuminazione!
Le sette opere di Paolo Hermanin sono una sorta di “lamrim”, cioè di sentiero verso l’illuminazione, da lui stesso cercata attraverso il proprio percorso artistico, che diventa un tutt’uno con la sua stessa vita. A queste opere, nell’esposizione, se ne aggiungono due: una dedicata alla Casina delle Civette, contenitore e luogo del percorso, l’altra, Il Mandala, che riunisce in sé, in maniera sincretica, l’essenza del percorso.
di Maria Grazia Massafra